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I Disturbi del Comportamento Alimentare

Parlare della propria sofferenza.
Decidere di curarsi è già un importante traguardo!
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"Bisognerebbe imparare, spogliandoci dei pregiudizi, che ciò che è “diverso” e che ci appare sconosciuto forse è portatore di un mondo incomunicabile che ha solo bisogno di essere scrutato e che si può uscir fuori da un disagio psichico con un bagaglio che può essere utile per un viaggio diverso"
Tiziana Maiorano

I disturbi alimentari sono un modo per comunicare sofferenze quali lutti, abbandoni, abusi e maltrattamenti spesso in età precoce. Pensare in modo ossessivo al “cibo-corpo-peso” diventa un anestetico che permette di non sentire la sofferenza.

Il vuoto del corpo e il significato dell’osso
L’anoressica, attraverso il suo corpo mostra qualcosa che sulla scena del mondo si spinge verso un al di là dell’immagine; pertanto esso appare come buco nero, come scarto, come ombra mortifera. L’esigua presenza di un corpo senza carne rimane il sogno all’orizzonte. Il tutto è definito attraverso l’ immaterialità del corpo; questo desiderio è infranto da un sentimento di estraneità e di orrore che affiora quando il corpo supera una soglia, quella in cui tra l’osso e la pelle si operi una sorta di appiattimento volumetrico, il cui risultato sia pari a zero; così come pari a zero deve essere il rapporto tra tutto ciò che entra e tutto ciò che esce dal corpo. Quando esso non risulta essere sufficientemente filiforme, asciutto, in linea con un certo tipo di magrezza, appare sulla scena in modo deformato, come un’entità minacciosa, ingovernabile, estraniante e angosciosa. Accanto all’oggetto cibo, il corpo si mostra come assolutamente centrale, sia per l’idea di magrezza su cui si sostiene e sia perché la cosiddetta dispercezione dell’immagine corporea che accompagna stabilmente il quadro di questo disturbo, sottolinea che chi soffre di anoressia patisce di una mancanza di riconoscimento della propria immagine speculare.

L’autolesionismo nell’anoressia

Il senso simbolico delle ferite, non è infatti mai rivolto all’esterno, ma sempre e soltanto all’interno. Ferire il proprio corpo significa quindi renderlo ancor più “leggero” e “punirlo” per la sua consistenza fisica. Le cicatrici rappresentano, nel simbolico anoressico, la visibile testimonianza dell’autodisciplina, ed assolvono ad una funzione di rassicurazione circa il proprio essere stata ancora una volta “impeccabile”.

Il narcisismo corporeo

L’anoressia è un disagio che, al di là del cibo, implica un investimento narcisistico del corpo, dominato dal rifiuto dello stesso, in quanto emblema di limitazione e di finitudine. Il corpo come sorgente di piacere e simbolo di vergogna viene bandito. Il diniego del corpo affonda le sue radici nella fase orale, vissuta dal narcisista in maniera estremamente conflittuale, a causa dell’incapacità materna di soddisfare adeguatamente il bisogno di nutrimento del bambino.

L’anoressia è quindi un esempio di narcisismo ferito, uno stato di depressione e melanconia dovuto all’azione dell’altro sul soggetto che è rifiutato, respinto, lasciato cadere. L’anoressia quindi, ma anche la bulimia, si configurano come un modo di sbarrare l’altro, ridurne l’invadente presenza e la domanda asfissiante. L’esigenza di separatezza, per esercitare il sentimento dell’esistere passa attraverso la negazione: il “non mangio”.

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