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Psicoterapia Psicoanalitica

Lo psicoterapeuta ha

il compito di offrire

un ambiente favorevole

all' ascolto empatico.

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"La vera maniera di crescere è aspirare di andare oltre i propri limiti, nutrendo sublimi desideri di grandi cose, e lottando fino in fondo per realizzarli. Quando agiamo al massimo delle nostre possibilità, non sappiamo mai quale miracolo sia scritto nella nostra vita e nella vita di un altro"
Helen Keller

Le teorie di Janet sono attuali perché rispecchiano un’idea di sofferenza mentale fondata sull’assunto di base che, in un’ipotetica assenza di eventi traumatogeni, ognuno vivrebbe in modo sano, come placidi animali intenti a sopravvivere, e sopravvivere bene.
La vita però mette alla prova già dagli inizi questa idilliaca pace, e ci troviamo quotidianamente ad affrontare problematiche più o meno complesse e più o meno protratte nel tempo. Crescere con una mamma violenta, o un padre affetto da sindrome bipolare o tossicodipendente, obbliga il bambino a compiere piroette adattative che in senso clinico rappresentano un miracolo evolutivo, un vero e proprio emblema dell’adattabilità dell’intelligenza umana al suo contesto.
Continuando nel percorso della vita, tutti noi siamo costantemente soggetti a sviluppare una sorta di stress post-traumatico, ovvero stress prodotto dal tentativo di far fronte a eventi di vita che ci stressano e di cui dobbiamo “gestire” le conseguenze.

Il Ricordo Traumatico
I ricordi traumatici sono statici, fissati una volta per tutte. Sono tracce che esperienze violente e travolgenti hanno inciso profondamente nel cervello, nel corpo, nella psiche.

Il passato continua a vivere nel presente. Il passato non è mai morto. Non è nemmeno passato. Vive in uno schieramento impotente di paure, fobie, sintomi fisici, malattie. Il ricordo traumatico si presenta sotto forma di schegge frammentarie o di rudimentali e indigeribili sensazioni, emozioni, immagini, odori, sapori, pensieri. 

Ambiente, Carenza Affettiva e Trauma
“Le vittime di traumi spesso hanno sintomi anziché ricordi” (K. Harvey 1990).
Insonnia, sintomi fisici privi di base organica, dipendenze, ruminazioni, ansia generalizzata, attivazione e sregolazione delle emozioni o distacco emotivo sono a volte gli unici segnali di traumi subiti nel corso della propria vita e non integrati.

Il Trauma lo si può definire come un’esperienza unica, individuale, di un evento o di un insieme di eventi in cui viene sopraffatta la capacità dell’individuo di integrare la propria esperienza emotiva, cioè la sua capacità di rimanere presente, comprendere quanto accade, integrare le emozioni e dare un senso all’esperienza.

Il corpo ricorda i traumi passati ed è come se la sensazione di pericolo tendesse a permanere in modo modificato ed esagerato molto dopo che il pericolo è passato. Il corpo riattiva le difese di fronte a stimoli apparentemente lontani dalla situazione traumatica, nell’udire un suono o un rumore, nell’osservare gesti e comportamenti innocui. Anche se il ricordo a volte è sfumato o archiviato, le memorie implicite, come sono le memorie somatiche, sensoriali ed emotive, ne tengono traccia.

Corpo e mente sono sottosistemi che interagiscono costantemente, sono come “impastati” nell’organismo umano e la comprensione di come tutta la nostra esperienza sia registrata nel corpo ci permette di comunicare con la mente cosciente ed inconscia attraverso esperienze corporee, integrando percorsi top-down (dai pensieri alle emozioni al corpo) a percorsi bottom up (dalle sensazioni corporee alle emozioni ai pensieri).

Dar voce al trauma
Gli eventi traumatici sono quasi impossibili da mettere in parole e il silenzio sul trauma porta alla morte: la morte dell’anima. Il silenzio rinforza l’isolamento maligno del trauma.
Si è indotti a pensare che il silenzio permetta di controllare il dolore, la paura o la vergogna, ma il “nominare”, il chiamare le cose con il loro nome, offre la possibilità di esercitare un diverso tipo di controllo.

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